di Vincenza Mei
Benvenuti all’intervista con Pasquale Di Matteo, esperto di comunicazione, scrittore e critico d’arte internazionale.
Oggi esploreremo le sue opinioni sul motivo per cui le opere d’arte non si vendono più come un tempo.
Domanda: Buongiorno Dottore, grazie per essere qui oggi.
Pasquale Di Matteo: Pasquale va benissimo. La laurea non deve essere un orpello di cui fregiarsi e poi, non prescrivo medicine.
Sorrido, poi pongo la domanda: Va bene, Pasquale. Per iniziare, vorrei mi spiegassi la differenza che vedi tra un pittore e un artista. Ne parli spesso nei tuoi scritti, sui social e ai vernissage. Vuoi ribadire il concetto per gli amici del blog di Soulharmony Gallery?
Pasquale Di Matteo: Certamente, innanzitutto, grazie per questa intervista.
La differenza tra un pittore e un artista è semplice, ma fondamentale e consiste nel messaggio.
Un pittore può eccellere nella tecnica, ma potrebbe non trasmettere alcun messaggio di rilevanza.
Al contrario, l’artista potrebbe non avere la stessa maestria tecnica, ma è in grado di veicolare messaggi profondi e significativi attraverso la sua arte.
Un esempio che faccio spesso, e che si presta benissimo, è quello di Otto Dix, che, attraverso le sue opere, ha raccontato le controindicazioni prodotte dalla società del suo tempo, spiegando, di fatto, il perché dell’ascesa del nazismo.
L’arte va oltre la mera competenza tecnica. L’arte è comunicare: coinvolge l’espressione e la comunicazione di emozioni e concetti.

Domanda: Parlando di comunicazione, qual è il ruolo che le gallerie d’arte giocano nella mancata vendita di opere, secondo la tua opinione?
Pasquale Di Matteo: Le gallerie d’arte non svolgono più un ruolo cruciale nel mercato dell’arte contemporanea. Purtroppo, molte di esse non riescono a portare un pubblico adeguato ai vernissage.
Mi è capitato persino di imbattermi in galleristi infastiditi dal fatto che l’artista in esposizione non avesse portato gente in galleria.
Sembra Zelig, ma è realtà.
Questo potrebbe essere dovuto a una mancanza di strategie di marketing efficaci o a una scarsa comprensione del mercato dell’arte. O, più propriamente, al fatto che il mondo è cambiato e, con Internet, le gallerie, così come i luoghi di culto, hanno perso importanza.
Oggi non conta più dove esponi, ma come sai vendere la mostra e la tua arte.
Conta la comunicazione.
Le gallerie dovrebbero essere dei ponti tra gli artisti e il loro pubblico, ma spesso questo passaggio fondamentale viene trascurato proprio perché i galleristi non sanno fare comunicazione e sono ancora legati a concetti preistorici come l’importanza della sala, il nome blasonato come ospite d’onore e altre strategie che non hanno più alcun senso.
Domanda: Un elemento interessante che hai menzionato spesso è l’impatto dell’Ikea sul mercato delle opere d’arte. Potresti approfondire questa riflessione?
Pasquale Di Matteo: Certo. L’ascesa di giganti del retail come Ikea ha influenzato notevolmente il mercato delle opere d’arte.
Molte persone che in passato avrebbero investito nella pittura di qualche artista ora preferiscono optare per decorazioni più accessibili dal punto di vista economico, perciò vanno a caccia di stampe da quattro soldi.
Non valgono niente, ma alle pareti di casa fanno il loro compito.
Questo fenomeno ha inevitabilmente ridotto la domanda sulle opere d’arte tradizionali. È un cambiamento culturale e comportamentale che gli artisti e le gallerie devono affrontare.
Un cambiamento che, di fatto, porta a vendere solo gli artisti che arrivano a certe dimensioni e a determinati prezzi, capaci di stuzzicare gli appetiti di investitori multimilionari.

Domanda: Hai sottolineato l’importanza per gli artisti di investire nel proprio marchio. Potresti condividere qualche consiglio su come gli artisti possono costruire una forte identità di marca?
Pasquale Di Matteo: Assolutamente. In un mercato dell’arte sempre più competitivo, investire nel proprio marchio è fondamentale. Gli artisti devono iniziare definendo chi sono, qual è il loro messaggio e quale impatto vogliono avere sul mondo.

Dovrebbero costruire una presenza online forte e coerente, attraverso siti web, social media e portfolio online. Profili che vanno seguiti almeno settimanalmente con post, frasi e immagini ottimizzate da un professionista.
Il fai da te, sui social è piuttosto diffuso, ma è il motivo per cui con tanti non funziona.
Non conta avere 10.000 follower non ottimizzati, così come non conta avere tanti cuoricini di persone più interessate a una scollatura nella foto che all’opera presentata.
Inoltre, collaborare con gallerie e partecipare a mostre può contribuire a costruire il riconoscimento del proprio nome nel settore, ma anche gli eventi vanno centellinati. Ne consiglio sei, sette al massimo ogni anno. Il resto del budget va investito in comunicazione.
Grazie a Pasquale Di Matteo per le sue illuminanti riflessioni sull’argomento. Questa discussione ci ha offerto preziose prospettive sul motivo per cui le opere d’arte non si vendono più come un tempo. Ci auguriamo che queste considerazioni siano d’ispirazione per gli artisti che cercano di navigare in questo dinamico panorama artistico contemporaneo.
Ricordo che Pasquale Di Matteo è anche disponibile, in forma esclusiva e solo per pochi artisti, a un programma di comunicazione e formazione del brand d’artista. Un programma personalizzato, che si espleta in cinque anni e che contiene la realizzazione di post settimanali per tre social dell’artista, preparati direttamente da Pasquale Di Matteo, più l’introduzione in alcuni eventi dello stesso Di Matteo e anche all’interno di Soulharmony Gallery.
PROSSIMI EVENTI CON PASQUALE DI MATTEO























